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Sara Caselli nasce a Cagliari ove opera e risiede. 

Laureatasi in Lettere, dopo un breve periodo dedicato all'insegnamento, allargando i suoi orizzonti culturali da studi umanistici a tecnico-scientifici, approda alle analisi di laboratorio trasfusionale alle quali si dedica lavorando in ospedale. 
Durante gli studi universitari si manifesta in lei una grande passione per il disegno e la pittura e, come autodidatta, per alcuni anni con entusiasmo, sperimenta le tecniche dell'olio e dell'acquerello; in seguito, però, prevale l'amore per il collage. Temi vari vengono trattati con un certo successo: visi, figure, paesaggi ed angoli suggestivi della sua città. Ha sempre esposto privatamente al Circolo tennis-club “Su planu” negli anni 1996, 1999 e 2002 e, nel dicembre del 2000, ha partecipato ad una collettiva d'arte nei locali dell'Associazione culturale “I colori dell'arte”. L'Assessorato alla Cultura del Comune di Cagliari le offre la possibilità di esporre le sue ultime opere nella mostra “Omaggio alla città” presso i locali dell'Exmà di via San Lucifero.

Dicono di lei...

E' a Picasso, fuor d'ogni dubbio, che si deve la dignità d'arte del collage . Da modesta e innocente tecnica decorativa affatto popolare, confinata negli album delle adolescenti fin de siècle , il furore cubista la trasforma in ardimento di provocazione estetica schiaffeggiante, inaudita. Dada rincara la dose distruttiva dei ritagli di carta incollata: ma intanto è da quell'insulto anarchico e antiborghese, scandito a suon di forbici, che germina – in Germania – il metodo costruttivo del fotomontaggio. Toccherà invece a quel gaudente del colore che fu Matisse, restituire lentamente al découpage la dolcezza rassicurante della poesia, ricondurlo alla metà del secolo inghirlandato di gioiosa mansuetudine, pronto per il passaggio alla postmodernità.

Caratteri genetici di una tecnica recente, che non è difficile intravedere, tutti, in questi sorprendenti mosaici di carte colorate assemblati da Sara Caselli. Dove l'essenzialità antica del cubismo sintetico si piega docile a snellire forme e prospettive. Dove non è difficile imbattersi persino nello sberleffo dadaista del ritaglio di giornale, perfettamente addomesticato però, a insaporire di inconsueto la veduta urbana inappuntabile. E la poesia cromatica matissiana, densa di quella dolcezza pungente di un fauve ammorbidito dalla canizie, è quasi nume tutelare di queste formule cromatiche complesse, sminuzzate e assiepate sulle superfici radianti delle composizioni della Caselli.

Luci, pietre, tinte e verdi della città nel golfo risplendono come tarsie preziose dentro la sintassi impeccabile di un metodo accurato sino al virtuosismo. Pellicole diafane di carte colorate si cangiano in lucore di cristalli e pietre dure, quando non fingono – perfette – elaborati tonalismi di pittura attenta. Le spade balenanti delle palme si allungano appuntite e il calcare, bianco di sole, sembra materializzarsi, duro, nella stessa carta dove si incastona trasparente il profondo turchino di un cielo trasparente: i contorni di quelle miriadi di minuscole tessere si avvertono appena e la grevità del trompe l'œil si dissolve subito in quella trama lievissima di piani frammentati, dove si annida ancora, innocuo e sorridente, il trucco esplosivo del cubismo.

Giorgio Pellegrini

 

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